BREVI RIFLESSIONI  SULLA MEDIAZIONE  E LE PROCEDURE CONCILIATIVE 

IN AMBITO DI CONTENZIOSO SANITARIO.

GLI STRUMENTI DELLA L. 24/2017  E DEL D.LG.S 28/2010 ALLA LUCE DELLE NOVITA’ INTRODOTTE DAL D.LGS. 149/2022

Avv. Paolo Mastrandrea – Avv. Francesca Pescatori

Il contesto normativo e la prassi. L’accertamento tecnico preventivo art 696 bis cpc

L’art. 8 della l. 24/2017 dispone che chi intenda esercitare un’azione di risarcimento del danno derivante da responsabilità sanitaria è tenuto preliminarmente a proporre il ricorso ai sensi dell’articolo 696 bis c.p.c. ovvero, in alternativa, il procedimento di mediazione ai sensi dell’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28.

Da quando la legge 24/2017 è entrata in vigore (1 aprile 2017), le parti che si assumono danneggiate da una prestazione sanitaria, per assolvere alla condizione di procedibilità, hanno prevalentemente fatto  ricorso all’accertamento tecnico preventivo a fini conciliativi ex art. 696 bis c.p.c. 

Come spesso accade le parti che ritengono di aver ricevuto un danno da medical malpractice a scegliere prevalentemente lo strumento dell’accertamento tecnico preventivo ex art. 8 L.24/2017, siano individuabili nel presunto carattere di rapidità e speditezza dello stesso e dal fatto che venga espletato dinanzi alla stessa Autorità Giudiziaria dell’eventuale successivo giudizio di merito.

L’introduzione del ricorso per ATP “costringe” sicuramente le Compagnie di assicurazione, le Aziende Ospedaliere, le Case di Cura ed eventualmente gli esercenti la professione sanitaria, una volta ritualmente citati, a costituirsi e prendere parte alla CTU medico-legale attraverso i propri legali e consulenti tecnici, onde evitare che nel successivo giudizio di merito possano essere loro opposti gli eventuali esiti sfavorevoli della relazione peritale disposta dal Tribunale.

Il danneggiato ha, quindi, il miraggio di poter cominciare a trattare, qualora ne ricorressero i presupposti, anche dopo l’invio della c.d. bozza della CTU, a prescindere dal fatto che i consulenti tecnici nominati dal Tribunale procedano o meno al tentativo di conciliazione.

Ma, nella prassi, ciò raramente accade.

La scelta del ricorso ex art. 696 bis c.p.c. non offre alcuna garanzia che, all’esito o nel corso della CTU medico-legale, qualora venga accertata una responsabilità il medico, la Struttura pubblica o privata, ovvero la Compagnia di assicurazione da questi chiamata in garanzia, proceda automaticamente e immediatamente alla trattativa e alla conciliazione, anzi. 

La parte danneggiata il più delle volte è costretta, suo malgrado, ad introdurre anche il giudizio di merito, attualmente nelle forme del ricorso di cui all’art. 281 undecies c.p.c., sostenendone anche gli ulteriori costi in termini di spese procedurali e legali e confidando che il Giudice procedente, alla luce delle risultanze della consulenza tecnica di ufficio svolta nel pregresso ATP, formuli l’anelata proposta conciliativa ex art. 185 bis c.p.c che induca Strutture ed assicurazioni a svolgere “coattivamente” quelle valutazioni che spontaneamente non hanno potuto o voluto svolgere all’esito dell’ATP e ad assumere la determinazione di definire in via anticipata e stragiudiziale la causa.

La proposta conciliativa del magistrato art. 185 bis cpc. Ambiti e limiti.

Ciononostante l’obiettivo della parte danneggiata di rado si realizza, soprattutto quando vengono sollevate questioni determinate dalla violazione dei termini di cui all’art. 8 L.24/2017 per l’introduzione del giudizio di merito, come quelle legate alla salvezza degli effetti della domanda (ad esempio la prescrizione), nonché eccezioni sostanziali e procedurali, diverse da caso a caso, sollevate dalla parti convenute, ed infine eventuali richieste istruttorie (vd. interrogatorio formale, prove testimoniali, acquisizioni documentali ai sensi dell’art. 210 o dell’art. 213 c.p.c.), ovvero richieste di rinnovazione/integrazione della CTU medico legale svolta nel pregresso ATP a causa di nullità della stessa, oppure ancora eccezioni assicurative, di polizza o di legge, da parte delle Compagnie di Assicurazione.

Capita altresì di sovente che, anche in virtù delle questioni, contestazioni ed eccezioni, sostanziali e/o procedurali di cui si discorre, il giudice ritenga di dover mutare il rito in ordinario con conseguente dilatazione ed amplificazione sine die dei tempi di definizione della lite che possono arrivare a coincidere con quelli di una causa celebrata con rito ordinario con lo stesso identico rischio di prosecuzione negli ulteriori gradi di giudizio e conseguente permanere dell’alea.

In conclusione, nonostante le aspettative di celerità e speditezza riposte nell’accertamento della responsabilità sanitaria attraverso gli strumenti offerti dall’art.8 L.24/2017, i Tribunali risultano sovraccaricati dalle cause di responsabilità sanitaria cui nemmeno le esigenze dettate dal PNRR sembrerebbero essere riuscite a porre concreto rimedio e i danneggiati, frustrati nelle loro aspettative, devono attendere anni prima di poter arrivare a ricevere il risarcimento dovuto.

La Riforma “Cartabia”. La mediazione diventa efficace?

Il Decreto Legislativo 10 ottobre 2022, n. 149 , c.d. Riforma Cartabia, sembrerebbe aver colto le suddette criticità e quindi ha introdotto novità  di sicuro interesse per danneggiati, esercenti le professioni sanitarie, Strutture Sanitarie, pubbliche e private, e rispettive  Compagnie di assicurazione, ed ovviamente per gli avvocati, cui spetta il compito di veicolare tali novità, per una riflessione sulla opportunità di scegliere la mediazione per dirimere le controversie di responsabilità medica, riconoscendola come strumento concretamente alternativo per la risoluzione del conflitto.

Ed infatti, partendo evidentemente dal dato fattuale che nell’attuale prassi giudiziaria i Giudici tendevano già a definire le controversie attraverso il ricorso alla proposta conciliativa ex art. 185 bis c.p.c., ovvero invitando le parti a trovare autonomamente un accordo con l’aiuto di un Organismo di mediazione, il Legislatore ha inteso incoraggiare e rafforzare il ricorso da parte dei Giudici agli strumenti alternativi di risoluzione delle controversie anche in linea con le direttive comunitarie.

L’art. 5 quater, commi 1 e 2, del Dlgs 4 marzo 2010, n. 28 chiarisce espressamente che “il giudice, anche in sede di giudizio di appello, fino al momento della precisazione delle conclusioni, valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione, il comportamento delle parti e ogni altra circostanza, può disporre, con ordinanza motivata, l’esperimento di un procedimento di mediazione. Con la stessa ordinanza fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6. 2. La mediazione demandata dal giudice è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Si applica l’articolo 5, commi 4, 5 e 6”.

Ed ancora l’art. 5 quinquies, commi 2, 3 e 4 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 prevede che la valorizzazione ed incentivazione della mediazione demandata dal giudice, disponendo che:

  • “2. Ai fini della valutazione di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, la frequentazione di seminari e corsi di cui al comma 1, il numero e la qualità degli affari definiti con ordinanza di mediazione o mediante accordi conciliativi costituiscono, rispettivamente, indicatori di impegno, capacità e laboriosità del magistrato. 
  1. Le ordinanze con cui il magistrato demanda le parti in mediazione e le controversie definite a seguito della loro adozione sono oggetto di specifica rilevazione statistica.
  2. Il capo dell’ufficio giudiziario può promuovere, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, progetti di collaborazione con università, ordini degli avvocati, organismi di mediazione, enti di formazione e altri enti e associazioni professionali e di categoria, nel rispetto della reciproca autonomia, per favorire il ricorso alla mediazione demandata e la formazione in materia di mediazione”.

Queste norme racchiudono  la vera novità introdotta dal Decreto Legislativo 10 ottobre 2022, n. 149 individuando  il più efficace incentivo per le parti a scegliere la mediazione come sede privilegiata per la risoluzione delle controversie in materia di responsabilità sanitaria.

Sta già accadendo infatti che, al lume delle nuove disposizioni introdotte, nella prassi giudiziaria i giudici indicano alle parti la mediazione come sede prioritaria al fine di risolvere la controversia. Tuttavia – in tal modo a potenziale svantaggio di tutte le parti-, i giudici scelgono in base alla propria personale “sensibilità” il momento stimato più adeguato per inviare le parti in mediazione, e non è detto che il momento scelto dal giudice coincida con quello che avrebbero scelto le parti e i loro difensori. Nè che tale momento sia davvero funzionale ad una deflazione del contenzioso.

Alla luce del dettato letterale della norma di cui all’art. 5 quater, è dunque auspicabile che questa scelta del magistrato avvenga sempre sulla scorta di un’attenta e ponderata valutazione che tenga conto della eventuale fondatezza della domanda, delle risultanze della CTU medico-legale e dell’assolvimento a cura delle parti degli oneri probatori rispettivamente ad esse spettanti, a seconda che la fattispecie integri una responsabilità contrattuale o extracontrattuale della Struttura Sanitaria o entrambe.

In ogni caso,  espletato l’ATP ed introdotto il giudizio di merito, il Giudice può invitare le parti in mediazione, qualora ne ravvisi le condizioni già alla prima udienza, o può disporre all’esito di una complessa, costosa e defatigante istruttoria che magari ha visto mutare il rito, la costituzione di più di una Struttura Sanitaria, lo svolgimento di due o tre CTU medico legali, l’escussione di testimoni, voluminose produzioni documentali, con ricadute, in entrambe le ipotesi, in termini di spese di procedura e oneri legali sul diritto di difesa.

Tuttavia, se il Decreto Legislativo 10 ottobre 2022, n. 149 ha voluto rendere la mediazione una sede privilegiata per la risoluzione delle controversie, facoltizzata anche dal Giudice in qualunque momento del giudizio, allora non è inverosimile affermare che le parti danneggiate, ma anche gli esercenti le professioni sanitarie, le Strutture e le Assicurazioni, dovranno valutare l’opportunità di scegliere la mediazione come concreta alternativa alla causa civile, sin dal primo sorgere della controversia, coltivando l’intenzione di non fermarsi al primo incontro e impegnandosi a valorizzare tutte le potenzialità della mediazione e contribuire attivamente a dare alla vertenza la soluzione più adeguata al caso concreto e più conveniente per ciascuna delle parti interessate.

In altre parole, l’art. 5 quater e l’art. 5 quinquies avvertono che in qualunque momento della causa il Giudice potrà invitare le parti mediazione la quale, pertanto, viene elevata a strumento privilegiato di risoluzione di tutte le controversie, anche quelle in materia sanitaria, e che quindi è più conveniente per le parti anticipare, con una loro autonoma scelta, il più possibile quel momento.

Come la Riforma Cartabia ha cambiato la mediazione (quello che mancava)

Gli strumenti per arrivare a conseguire il risultato della conciliazione nelle controversie di responsabilità sanitaria il D.Lgs. 28/2010 li offriva già tutti. Alcuni di essi sono stati potenziati dal Decreto Legislativo 10 ottobre 2022, n. 149 mentre alcuni di quelli che mancavano sono stati introdotti. Si pensi ad esempio all’art. 11-bis che ha statuito che “Ai rappresentanti delle amministrazioni pubbliche, di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che sottoscrivono un accordo di conciliazione si applica l’articolo 1, comma 01.bis della legge 14 gennaio 1994, n. 20”: i funzionari degli Enti Pubblici, quali Asl e Ospedali Pubblici non dovranno più temere l’azione per danno erariale atteso che è espressamente previsto che risponderanno solo per dolo o colpa grave con riferimento alla sottoscrizione di un accordo conciliativo.

L’art. 3 comma 2 D.Lgs. 28/2010, come modificato dal Decreto Legislativo 10 ottobre 2022, n. 149  ha integrato i requisiti dell’imparzialità e dell’idoneita’ al corretto e sollecito espletamento dell’incarico che deve avere il mediatore, anche l’indipendenza.

Tutti requisiti essenziali per le Strutture, private e pubbliche, e per le loro Compagnie di assicurazione, che hanno bisogno di affidarsi ad un mediatore o ad un collegio di mediatori indipendente, in possesso di concreta esperienza e competenza nella materia sanitaria e nel diritto assicurativo, materia quest’ultima ineluttabilmente interessata e strettamente embricata nei sinistri di responsabilità professionale medica e che implica la soluzione di questioni giuridiche di elevata complessità.

A tal fine l’art. 8 comma 3 già prevedeva che nelle controversie che richiedono specifiche competenze tecniche,  l’Organismo può nominare uno o più mediatori ausiliari (art. 8, comma 2, ultimo periodo) e tale norma potrebbe essere sempre più valorizzata in futuro nella materia della responsabilità sanitaria. E’ infatti apprezzabile la conferma nel Decreto Legislativo 10 ottobre 2022, n. 149 della possibilità di formare un collegio di mediatori soprattutto laddove, come di sovente capita nelle controversie di responsabilità sanitaria, i fatti da accertare sono molto complessi in quanto coinvolgono più di una Struttura Sanitaria, e ove occorre la partecipazione delle Compagnie di assicurazione di ciascuna di esse, con tutte le conseguenti articolate questioni giuridiche, come ad esempio in tema di nesso causale. Nondimeno L’integrazione del contraddittorio implica eccezioni inerenti non solo tematiche proprie della materia della responsabilità professionale sanitaria ma anche la materia del diritto delle assicurazioni (come quelle relative al c.d. secondo rischio), evenienza che si verifica quando partecipano alla mediazione tanto l’Assicurazione dell’esercente la professione Sanitaria quanto l’Assicurazione della Struttura.

La norma dell’art. 8, comma 2, ultimo periodo potrebbe offrire alle Compagnie di assicurazione, alle Strutture Pubbliche e ai medici una importante prospettiva di affidamento e gradimento di quell’Organismo che fosse in grado di costituire un collegio di mediatori con tutte le competenze coinvolte nel caso di specie.

La CTM (Consulenza Tecnica in Mediazione)

La peculiarità dell’accertamento della responsabilità sanitaria nella fase giudiziale è insita nell’attribuzione in capo al Consulente Tecnico d’Ufficio della disamina del caso clinico sotto il profilo della responsabilità professionale. Ovvero, a differenza degli altri procedimenti di sommaria istruzione, la relazione peritale del CTU si esprime sull’an oltre che sul quantum debeatur. Andrebbe trattato a parte il diffuso uso della CTU a fini palesemente esplorativi, che mai potrebbe/dovrebbe esonerare la parte attrice/ricorrente dagli oneri di allegazione.

Tuttavia, non può che apprezzarsi anche la conferma della possibilità che il mediatore o il collegio dei mediatori possa avvalersi di esperti iscritti negli albi dei consulenti presso i tribunali (art. 8 comma 7), così anticipando – fuori da un’aula di tribunale – un momento processualmente dirimente.

La possibilità di esperire una C.T.M. nell’accertamento della responsabilità sanitaria è imprescindibile perché consente alle parti di risolvere le questioni mediche della vertenza avvalendosi di professionisti iscritti negli elenchi dei consulenti presso il Tribunale e, pertanto, con certificata competenza nel settore specialistico attinto dal caso di specie. Va aggiunto che l’iscrizione negli elenchi dei CTU garantisce quei requisiti di esperienza e competenza professionale, essenziali per ingenerare affidamento da parte delle Compagnie di assicurazione e delle Strutture Sanitarie.

La CTM deve avere determinati requisiti minimi essenziali come, ad esempio, che il perito o il collegio di periti, in maniera speculare al dettato dell’art. 15 L.24/2017, devono essere scelti tra quelli iscritti negli elenchi dei Tribunali e la consulenza deve essere redatta in contraddittorio tra le parti che devono poter nominare i propri CCTTPP, se lo ritengono.

La novità del Decreto Legislativo 10 ottobre 2022, n. 149 è costituita dal fatto che al momento della nomina dell’esperto o degli esperti, le parti possono convenire la producibilità in giudizio della relazione, anche in deroga agli obblighi di riservatezza di cui all’articolo 9 e 10 del D.lgs 28/2010, con la conseguenza che devono avere a maggior ragione la possibilità di scegliere quei periti il cui elaborato potrà in futuro arrivare all’attenzione del Giudice, il quale valuterà la relazione eventualmente  ai sensi dell’articolo 116, comma primo, c.p.c. e che diviene così un elemento di prova atipica introdotto nel giudizio di cognizione piena: la consulenza può assurgere a mezzo probatorio a tutti gli effetti e su di esso l’Organo Giudicante potrebbe addirittura basare la propria decisione. 

Ma l’elemento di maggiore interesse è che appunto sono proprio le parti, non il giudice, a determinare le regole ed i tecnici da coinvolgere nella risoluzione della controversia e la possibilità di portare l’esito di tale procedimento in sede giudiziale. La auspicabile competenza del mediatore nella materia specifica deve, in via prioritaria, orientare le parti verso una compiuta articolazione dei quesiti, assumendo e riassumendo le istanze di ciascuna parte così da scongiurare incompleti perimetri di indagine che, sovente, determinano rinnovi o integrazioni di CTU nel giudizio.

La mediazione coinvolge quindi direttamente le parti offrendo loro la possibilità di avere un ruolo centrale, di perseguire i propri interessi e di essere attivi nel percorso che porta alla risoluzione della vertenza.

Si pensi ad esempio a tutte le controversie che, come si diceva in precedenza, hanno come parti diverse Strutture Sanitarie nelle quali il paziente è stato ricoverato e dalle quali assume, magari in diversa percentuale, di aver ricevuto il danno, nonché i Sanitari che per esse o in esse hanno operato e le Compagnie di assicurazione tanto delle prime quanto dei secondi.

E’ noto che ad esempio alcuni Tribunali, dando una interpretazione eccessivamente restrittiva dell’art. 7 e 8 della L.24/2017 respingano le domande di chiamata in causa degli esercenti la professione Sanitaria e delle loro assicurazioni da parte delle Cliniche e delle Case di Cura presso le quali i Sanitari hanno operato, con evidente compressione del diritto di difesa delle stesse.

In mediazione, invece, le parti non si scontrano con un soggetto che impedisce loro di estendere il contraddittorio ad ulteriori parti, rispetto a quelle originariamente chiamate dal danneggiato, la cui presenza nel procedimento può essere di contributo alla positiva definizione stragiudiziale della controversia.

Anche relativamente alla celerità e speditezza del procedimento la mediazione, almeno in astratto, si prefigura come più efficiente rispetto all’ATP di cui all’art. 8 L. 24/2017.

L’art. 8 comma 1 D.Lgs. 28/2010 prevede infatti che il primo incontro fra le parti deve svolgersi non prima di venti e non oltre quaranta giorni dal deposito della domanda; è previsto che l’invito al primo incontro venga effettuato  a cura  dell’organismo (art. 8, comma 1, secondo periodo) ferma in ogni caso la facoltà della parte istante di comunicare all’altra parte la domanda di mediazione già presentata ai fini dell’interruzione della prescrizione e dell’eventuale decadenza (art. 8, comma 2).

Come noto, al primo incontro, il mediatore o il collegio dei mediatori espongono la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione, e si adopera già affinché le parti raggiungano un accordo di conciliazione (art. 8 comma 6) e non è più previsto il “consenso ad entrare in mediazione”.

Con riferimento poi alla partecipazione delle persone giuridiche ai sensi dell’art. 8, comma 4 D.Lgs. 28/2010 attraverso rappresentanti o delegati a conoscenza dei fatti e muniti dei poteri necessari per la composizione della controversia, alcune Compagnie di assicurazione, agevolate nella decisione anche dalle modalità di svolgimento in via telematica degli incontri (art. 8 bis),  hanno compiuto l’apprezzabile scelta di designare per la mediazione un soggetto interno alla Compagnia stessa, in alcuni casi proprio il liquidatore che segue il sinistro oggetto del procedimento di mediazione, che già conosce concretamente la vicenda e le istanze del danneggiato e che magari già in fase di istruttoria assicurativa ha avuto modo di interloquire con il legale di quest’ultimo.  

Certamente per la materia della responsabilità sanitaria vi sono alcune criticità che presenta il Decreto Legislativo 149/2022 , ma che potrebbero essere superate con il semplice accordo delle parti. In particolare si fa riferimento alla prorogabilità limitata a tre mesi del procedimento di mediazione con accordo scritto delle parti (art. 6, comma 1) da comunicare al giudice se pende il giudizio (art. 6, comma 3). In una materia complessa come quella della responsabilità sanitaria potrebbero essere insufficienti sei mesi per arrivare ad un accordo, considerata l’eventuale esigenza di coinvolgere soggetti le cui determinazioni vengono assunte all’esito di articolate procedure che contemplano la partecipazione di diversi organismi interni agli stessi, e di disporre la CTM.

Tuttavia la questione della durata temporale può essere risolta con l’accordo delle parti soprattutto se seriamente intenzionate a raggiungere l’accordo conciliativo.

Sull’efficacia reale del tentativo di conciliazione ex art. 696 bis cpc. Possibile un doppio binario integrato?

Sulla scorta di quanto sopra cennato, i due mezzi di possibile deflazione del contenzioso sanitario sembrano afflitti da una “impermeabilità” concettuale forse rimovibile. Abbiamo infatti da una parte la mediazione obbligatoria in materia sanitaria, affidata alla gestione di un organismo di mediazione i cui componenti devono rispettare specifici e rigidi obblighi di formazione per legge. Di contro, il tentativo di conciliazione in ATP ex art. 696 bis cpc è affidato agli stessi consulenti tecnici che, sicuramente specializzati nelle rispettive aree di competenza scientifica, non hanno tuttavia provata competenza nella gestione di una procedura di negoziazione. Quindi, nel perseguire il medesimo obiettivo  deflattivo, in mediazione si richiede una preparazione giuridica specifica al mediatore, ma in ambito di ricorsi ex art. 696 bis cpc si confida – senza convinzione – nella mera persuasione di un CTU,  documentata in poche righe di verbale. Non va dimenticato che i requisiti di iscrizione dei mediatori presso gli Albi Ministeriali sono oggetto di stringenti prescrizioni circa la formazione continua obbligatoria nella materia.

Non sarebbe quindi auspicabile che il Magistrato delegato in ATP, acquisita la relazione peritale, disponesse già nel provvedimento con cui calendarizza le operazioni peritali, entro il termine previsto per il ricorrente di cui all’art. 8 L.24/2017 di 90 giorni dal deposito della CTU per proporre ricorso ex art. 281 undecies c.p.c., il tentativo di conciliazione effettivo, demandato ad un organismo di mediazione? Perché non sfruttare il meglio dei due “rimedi” possibili? 

Ma se ciò non fosse possibile o consentito per norma di legge (l’art. 696 bis cpc prevede infatti che il consulente tenti la conciliazione), forse sarebbe il caso di rimodulare la portata dell’art. 696 bis cpc e dare contenuto di professionalità ed esperienza al tentativo di conciliazione.

Conclusioni

Per concludere, la mediazione anche alla luce delle novità introdotte dal Decreto Legislativo 10 ottobre 2022, n. 149 è stata eletta a strumento concretamente alternativo per la risoluzione delle vertenze anche in materia di responsabilità sanitaria e servirà adesso l’impegno di tutti i soggetti coinvolti, ivi compresi gli Organismi di Mediazione che dovranno dare prova di autorevolezza e competenza soprattutto agli occhi  delle Aziende Ospedaliere e dei loro funzionari, nonché delle Compagnie di Assicurazione, per un uso proficuo di tutti gli strumenti offerti dal D.Lgs 28/2010.

L’istituto della mediazione ha faticato non poco a fare ingresso nella nostra cultura giuridica, soprattutto per le resistenze degli operatori del diritto i quali, pur affermando il vecchio adagio che un pessimo accordo è migliore della più ispirata sentenza, vedevano nella mediazione un  mero ulteriore balzello ad ostacolare l’accesso alle corti giudiziarie. 

Nel tempo, ed anche grazie ad un approccio professionalmente consapevole dei mediatori e degli avvocati, la mediazione ha trovato spazi sempre più ampi anche fuori dalle ipotesi di obbligatorietà. Basti pensare ai tempi giudiziari dei processi civili, divenuti anacronistici per un sistema di inefficienze ordinamentali non più giustificabili.

Ma più significativamente la mediazione, come altri sistemi di risoluzione alternativa delle controversie, ha aperto un fronte nuovo tra gli avvocati, consapevoli di svolgere un ruolo attivo nella giurisdizione, in un procedimento che non si completa con una sentenza “subìta” ma con una conciliazione “voluta”.